Intervista:

Arianna  Todeschini Corporate Business Development TUCANO

 

 

 

 

La reputazione di un Brand: cosa cambia nell’era dei social network?

La brand reputation è un asset molto importante per un’azienda. Il valore di un marchio è dato dalla percezione che il cliente finale ha dello stesso. Non si tratta più solo del prodotto e di quello che esso è in grado di offrire ma del “mondo” che il brand è in grado di creare, all’emozione che è in grado di generare.
Nell’era digitale, nell’era social, questo concetto è ancor più pregnante. La reputazione del brand è un processo di creazione complesso ed impegnativo: le aziende investono molte risorse per poter raggiungere il posizionamento sperato e sono costrette ad analizzare in maniera dettagliata ogni step di vendita.

Negli ultimi anni sono nati molti concetti differenti, si analizza l’aspetto emozionale legato al processo di acquisto, il sentiment del cliente e dell’utente, il rumor della community, non solo legato al proprio brand ma all’universo” nel quale il tuo “mondo” è immerso.

Insomma, sono entrati in gioco molteplici fattori; uno di questi è la community che si forma attorno ad un brand, quella realtà fisico e digitale che è in grado di creare e devastare un brand. Abbiamo molti esempi di brand storici, brand forti, che hanno pagato uno scivolone comunicativo, una cattiva gestione della community, una cattiva gestione del cliente durante tutto il suo percorso dal pre al post acquisto, con una perdita di brand reputation e una conseguente, e dolorosa, perdita di mercato.
La reach del mondo social è data dalla possibilità di aver un rapporto diretto con il cliente, dall’occasione di comunicazione, di marketing, dalla possibilità di potersi raccontare. Si tratta anche di un mondo molto pericoloso, dove un individuo è in grado di dar l’avvio ad un effetto domino difficilmente contenibile.

 

Microinfluencer vs influencer. Il valore dell’engagment reale in un mondo sempre più virtuale.

Nell’ottica della brand reputation, della comunicazione attraverso i social, degli svariati touch point di quell'”universo” nel quale il nostro “mondo brand” è inserito, ci son alcune figure che non possono essere ignorate: gli influencer.
Quando parliamo di engagement, ci riferiamo all’impegno, alla partecipazione, al grado di coinvolgimento che un individuo dimostra in relazione ad un brand. Nell’ultimo periodo, all’interno dell’engagement è nato il concetto di Figital, dove il mondo digitale incontra quello reale…
I due piani, reale e digitale, non sono mai stati completamente scissi, ci sono sempre state delle commistioni tra i due aspetti, commistioni che oggi si riconoscono e si vogliono spingere al massimo della loro espressione.
L’influecer o il microinfluencer ci concede di rendere il più realistica possibile un’esperienza che rischia di rimanere esclusivamente digitale. Un’azienda come quella per la quale lavoro, che non ha punti vendita fisici propri, ma raggiunge fisicamente il cliente solo attraverso rivenditori, ha delle difficoltà a riuscire a presentarsi al cliente finale. Un’opzione è proprio l’influencer che condivide con l’utente finale la propria esperienza, le proprie sensazioni, il proprio vissuto fisico con il prodotto, trasportando tutta la sua community all’interno di questo vissuto reale.
Con l’evolversi della community c’è anche un evolversi delle relazioni con questi personaggi.

Personalmente, e per quella che è la realtà dell’azienda Tucano, trovo al momento più proficuo interagire con micro-influencer, raggiungere piccole nicchie di mercato, creare un rumor di sottofondo che cresca con costanza e che riesca ad essere più durevole nel tempo.

 

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